giovedì 2 aprile 2015

HEIDI,UNA MUCCA DA LATTE RACCONTA LA SUA STORIA


Red: “Bene, allora possiamo cominciare”.

Heidi: “Venni concepita, nacqui e crebbi nel mondo oscuro di un’azienda di produzione del latte. All’età di 18 mesi venni inseminata artificialmente, in modo che mettessi al mondo un piccolo. Il mio proprietario acquistó allo scopo lo sperma refrigerato di un cosiddetto toro di prima classe, selezionato nelcatalogo per corrispondenza di un’azienda specializzata. Da questo toro erano già state fecondate circa 65.000 mie compagne di sofferenza.

Dovetti ingoiare un paio di preparati ormonali, affinché lo sperma mi potesse fecondare con certezza.

All’età di 27 mesi portai alla luce un vitellino robusto al quale diedi il nome di Moritz. Pesava 40 chili, una prestazione di tutto rispetto per una giovane madre come me, dato che, secondo i criteri umani di crescita, sarei stata una l’equivalente di una ragazza quindicenne.

Mi sono naturalmente molto rallegrata della nascita di mio figlio. Tuttavia la mia gioia materna durò solamente un paio d’ore. Dopodiché il mio piccolo mi venne strappato con forza. Non so che cosa gli sia accaduto. Udii ancora per giorni il suo richiamo verso di me, dato che venne allevato nello stesso edificio dove anch´io mi trovavo rinchiusa. Piansi a lungo e chiamai piú volte disperata mio figlio. Siccome non smisi di gridare venni picchiata ed insultata. Non vidi mai piú il mio piccolo. Una mia amica mi raccontó che Moritz veniva allevato e cresciuto con del latte artificiale. Venne in questo modo ingrassato e portato, alla tenera etá di poche settimane, da un uomo che con un dardo metallico dilanió il cervello del mio piccolo, appese il suo corpo per una zampa, gli squarció la gola con un coltello affilato, e una volta dissanguato lo fece a pezzi mentre era ancora caldo.

I pezzi di cadavere del mio piccolo Moritz, che sono considerati prelibati e teneri dagli uomini, vennero acquistati e preparati come delicatezze in occasione di festivitá nel cerchio familiare o di inviti particolari. Non potevo credere che il mio padrone, che spesso mi accarezzava e mi parlava, potesse fare tutto ció. Non potevo semplicemente crederci. Non puó essere – pensai. Ma oggi so che questa è la triste realtá anche per le altre mie amiche mamme.

Red: E’ una storia incredibile! E poi come proseguí?

Un macchinario venne attaccato alle mie mammelle affinché mi venissero succhiati oltre 30 litri di latte al giorno che poi portavano via con un camion.. Il mio piccolo non ricevette mai il mio latte.

Ogni giorno vegetavo nel mio carcere ristretto, insieme alle mie compagne di destino. Avevo continuamente fame e sete: l’enorme furto di latte quotidiano mi toglieva tutte le forze!

La maggior parte del cibo che ingerivo serviva a farmi produrre il latte.

La superficie su cui giacevo per 12 ore al giorno, per ruminare o per dormire, era solo poco più grande di uno dei vostri letti. Il terreno calpestabile del nostro carcere, che condividevo e condivido tuttora con circa 200 mie colleghe, è coperto di escrementi, dato che non abbiamo altrimenti un’altro luogo dove scaricarci. In un canale che scorre lungo la superficie calpestabile si trova un grande urinatoio che raccoglie ogni cosa: puzza in modo orribile ed è pieno di mosche e di altri parassiti…Vorrei scappare da questa camera di tortura; sogno verdi distese, il vento ed una grande palla in cielo che mi riscalda. Non so assolutamente se ció esiste nella realtá.

Red: Heidi, come´è la sua giornata tipo?

Vengo munta, poi mangio qualcosa, poi rumino, poi dormo, poi vengo di nuovo munta, mangio di nuovo qualcosa, rumino di nuovo ciò che ho mangiato, dormo un po’ e tutto daccapo, ogni giorno, ogni giorno…

Non capisco perché gli uomini si comportano così. Io non voglio mangiare così tanto ma sono costretta perché il consumo di energia dovuto alla mungitura mi sfinisce. È davvero una sensazione orribile.

Red: Come poté superare la perdita di Moritz?

Non ebbi troppo tempo per questo. Già due mesi dopo il parto di Moritz venni di nuovo fecondata artificialmente ed ebbi così un doppio carico: donare il mio latte e far crescere in me un nuovo piccolo. Questo doppio carico mi indebolì incredibilmente. E poi avevo paura: forse me lo portano via di nuovo! Questa non è vita!

Il mio utero si infiammó, anche per via del continuo contatto con gli escrementi carichi di batteri e con il cibo ricco di germi. La mia febbre e la mia infezione vennero combattuti per mezzo di antibiotici da un uomo dal camice bianco. Il mio proprietario si arrabbiò con me perché dovette gettare via il mio latte per un paio di giorni, a causa dei resti degli antibiotici e dei batteri purulenti. Fui come costretta a ridivenire velocemente sana, poiché altrimenti avrebbero fatto con me quello che hanno fatto con Moritz, come mi disse una mia amica.

Red: Cosa accadde con il secondo figlio?

Ridivenni sana e regalai la vita ad una femminuccia. Ma appena mi venne portata via anche la dolce Vroni, quasi impazzii. Mia figlia venne tuttavia lasciata in vita. Ma la mia amica mi tolse subito la consolazione dicendomi che Vroni sarebbe stata allevata per poter prendere presto il mio posto.

Dopo due mesi venni di nuovo fecondata. Seguì una ulteriore gravidanza sofferente, e poi la nascita di Oscar. Non ho più urlato quando me l’hanno portato via, ho solo pianto. Ero consapevole che non potevo fare nulla.

Red: Come si sente di fronte a tutto ciò?

Sono sfinita. La continua mungitura attraverso i macchinari e le tre stressanti gravidanze mi hanno reso totalmente priva di energia e senza speranza. Le infiammazioni all´utero diventano sempre piú forti, le parcelle mediche sempre più care. Credo che verrò presto sostituita da mia figlia Vroni, perché per il mio padrone non rappresento più un fattore di rendita. Il mio proprietario qualche tempo fa, quando mi venne fatta una perizia, disse ad un altro uomo con cui dialogava che io avevo fornito, secondo i suoi calcoli, circa 30.000 litri di latte e che per questo mi aveva “ammortizzata”.

Come essere vivente sono ormai allo stremo e per l’uomo sono senza più alcun valore da un punto di vista commerciale. L’ultimo incasso che il mio proprietario fará attraverso di me sarà con la mia macellazione. Non potrà però incassare più di tanto: la mia carne è dura e irrigidita a causa dei miei sforzi di questi brevi anni. Potrebbe andare bene, come ho potuto apprendere da un colloquio, “solo per lo spezzatino o per dei wurstel”. A parte questo, solamente un terzo dei miei pezzi vitali è utilizzabile, dato che molti organi sono malati per via degli effetti di tutti i medicamenti che ho dovuto ingerire. Ho appreso che vengo oggi considerata come mucca vecchia, nonostante, come essere umano, non avrei ancora 20 anni! Sono soltanto una “disposable cow” (una mucca “da consumo”), come si dice in Inghilterra: per tre interi anni quantità immense di latte e un parto dopo l´altro, poi la malattia ed il macello.

Red: Cosa succederà di lei ora?

Mi dia uno sguardo! Sono alla fine, stremata e piena di acciacchi. Domani, lo sento, verrò uccisa anch’io con la stessa brutalità che è toccata ai miei piccoli. E’ stata una vita breve, orribile, piena di paura, dolori e sofferenza.

Per favore, vi imploro di pubblicare il nostro colloquio nella vostra rivista, in modo che gli uomini possano apprendere dell’indicibile sofferenza di noi animali da macello e affinché il loro cuore possa venir toccato.

Forse qualcuno potrà decidere di cambiare le sue abitudini alimentari e di impegnarsi a favore di noi creature senza alcun diritto. In questo modo la mia sofferenza non sarà stata vana….

Heidi, ha "rilasciato questa intervista" nella speranza di riuscire a a smuovere il cuore indurito degli uomini.

Tradotto dalla rivista tedesca “Vegetarisch genießen” (“Gustare vegetariano”), edita dalla casa editrice “Das Brennglass”.

Con l’autorizzazione a riprodurla (citando la fonte) in tutte le riviste e i giornali sensibili alla sofferenza degli animali.

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